Eccoci qui, giunti alla fine (anche se non ci giurerei
poiché curare questo blog è stato un
piacere inaspettato ) di questo breve percorso in cui ho cercato di cogliere la
presenza del concetto di “macchina” in immagini, musica e libri.
Ma adesso è giunta l’ora di dire la mia e per farlo voglio
partire dal titolo del mio blog che richiama un passo della celeberrima opera
pirandelliana “Quaderni di Serafino Gubbio Operatore”.
Questo romanzo del 1916 narra le vicende di un operatore
cinematografico attraverso le quali l’autore porta avanti una convinta polemica
contro la macchina, vista come mezzo che
mortifica la vita e persino la natura. Per lui la macchina distrugge i
sentimenti dell’uomo, conducendolo ad una progressiva perdita di valori.
Sono parzialmente d’accordo con questa visione in quanto
ritengo che la macchina sia la principale responsabile dell’alienazione.
È un po’ come se vedessimo la nostra vita in una macchina
(rifletteteci un secondo, tutto ciò che ci appartiene è lì).
Tuttavia non sono d’accordo nel demonizzarla
totalmente: non dimentichiamo che essa
può seriamente migliorare la qualità della vita rendendo più facili e veloci
molte azioni (da quelle quotidiane a quelle più inimmaginabili).
Un esempio banalissimo ma a mio avviso efficace: la macchina
del pane.
Provate a regalarla alle vostre nonne: penso che una su dieci ne
farebbe uso, un po’ per tradizione un po’ perché a loro piace dedicare del
tempo a questi lavori manuali.
Pensate invece di regalarla a una donna in
carriera e madre di due figli: troverà in essa uno spiraglio di luce non
indifferente.
La macchina infatti è una fedele alleata del tempo e della
frenesia odierna.
Credo dunque che tutto stia nel cercare un giusto
compromesso tra l’uso e l’abuso.
Da qui il titolo di questo post.
Macchina: croce e
delizia.